Il Parco del Valentino

di Renato Ronco

lussureggiante e le belle sponde alberate.

Poi c’è il Borgo Medioevale con il suo Castello; trovo sia un bell’inserimento nel contesto del parco che si sviluppa intorno e il fiume che scorre ai suoi piedi; ma… non è autentico! Venne progettato dall’architetto Alfredo D’Andrate con un gruppo di collaboratori, riproducendo una tipologia di insediamento medioevale, in occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884.

L’Andrate, per farlo più ‘vero’ realizzò anche parti apparentemente dirute.

Il Parco del Valentino, in parte esistente dal 1600, fu realizzato, così come lo vediamo noi, verso la metà del secolo scorso, su un progetto di Jean Pierre Barillet-Deschamp ed è uno dei primi grandi parchi urbani italiani in stile romantico.

Si estende per 550.000 mq e ospita, oltre al Borg o Medioevale, il Castello del Valentino, mirabile costruzione (da tempo sottoposta a lavori di restauro) voluta dai Savoia e realizzata nel 1600 dall’arch. A . Castellamonte, con adiacente l’Orto Botanico, nato nel 1729.

Sembra quasi che i torinesi siano gelosi delle loro bellezze. Dalla sponda opposta del Po è molto diff icile per chi transita in auto vedere qualcosa del Borg o Medioevale. Una cortina continua di alberi e una lunga siepe di S p i r a e a , salvo qualche piccolo spiraglio, ne impediscono la vista. A questo proposito credo che sia stato commesso un grosso errore quando venne progettata questa parte di

Torino è definita città d’acqua.

Sono ben quatto i fiumi che si sono dati appuntamento a Torino; veramente tre sono torrenti, anche se almeno due meriterebbero la promozione a fiumi, e sono: la Stura, la Dora Riparia e il Sangone. Tutti e tre confluiscono nel Po proprio nel Comune di To r i n o .

Ma è anche una città con molto verde. Aest, per tutta la lunghezza della città si profila la collina, con quattro parchi importanti e tanti giardini, anche privati. Ma i vecchi torinesi si riconoscono storicamente nel parco del Valentino, sempre stato molto amato, tanto che una canzone degli anni ‘50 lo ricorda come romantico luogo di appuntamenti per gli innamorati.

Oggi Torino è multietnica, come quasi tutte le grandi città e il parco appartiene un po’ meno ai torinesi, è frequentato da persone che non ne conoscono la storia e forse presi da altri problemi, lo amano meno.

Il parco del Valentino (il nome ha origine incerta, alcuni lo fanno risalire all’epoca romana) gode di una posizione particolare, si estende sulla sponda sinistra del Po, che scorre maestoso e placido, tanto tranquillo che negli anni ‘20, per i primi voli di linea (To r i n o - Trieste), gli Idrovolanti si posavano proprio su questo tratto di fiume. Oggi non volano più gli idrovolanti, ma le sue acque sono percorse da numerose imbarcazioni a remi che fanno capo alle varie società rivierasche di canottieri; nella bella stagione ci sono due battelli pubblici che portano coloro che desiderano ammirare dal fiume la collina

Sponda sinistra del Po in veste autunnale.Sullo sfondo due Taxodium.
La severa sagoma del castello vista da sud.
Il borgo e il castello visti dalla sponda opposta del Po.

parco, ed ora è molto difficile porvi rimedio. Come si può proporre di abbattere grandi alberi?

Ma voglio parlare di un’area limitata del parco del Valentino, dell’area che nel 1961 ha ospitato una grandiosa e irripetibile mostra denominata ‘FLOR 6 1 ’ .

L’iniziativa, che diede il via alle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia, poté essere realizzata grazie soprattutto alla volontà e alla tenacia del Cavaliere del Lavoro Giuseppe Ratti, grande amante della natura.

La parte più ammirata della mostra occupava cinque saloni del palazzo esposizioni del Valentino per un totale di 45.000 mq per il periodo 28 aprile - 7 magg i o .

Una vasta area adiacente, 140.000 mq, venne

dedica alla mostra del giardino, che durò dal 28 aprile al 15 giugno. La durata però, si può dire sia stata illimitata, poiché gran parte delle piante presentate per l’esposizione a fine mostra non vennero rimosse. Per questo motivo - un insieme di piccole realizzazioni molto curate, presentate da vivaisti di tutto il mondo - questa parte del parco, la più ricca, non ha un progetto unitario, un disegno preciso.

A distanza di oltre 40 anni non è più riconoscibile nulla di quanto realizzato, mancano le aiuole fiorite, decine di migliaia di tulipani e altre bulbose, ma il tutto è ancora pregevole. Dominano le conifere, mi viene da dire: alla faccia di chi non vuole più usare le conifere nei gia rdini di Torino.

Si trova solo più una Araucaria imbricata; nel 1961 era quasi sconosciuta, il gruppo

Contrasti autunnali tra conifere e latifoglie.

presentato dai vivaisti biellesi ottenne un tale successo che questa pianta particolare da allora compare in molti giardini privati. Personalmente pur riconoscendo la specialità di questa pianta la trovo di difficile inserimento in un contesto verde. Adesso questa parte del parco sta ricevendo una ventata di ossigeno. C’è la volontà di d e d i c a rgli maggiore attenzione, e a Torino non è cosa da poco.

Sono stati appaltati i lavori per rifare l’antico roseto, completamente scomparso da anni, ed è stato potenziato il personale addetto alla manutenzione.

Spero che non manchino disponibilità e coraggio per rimettere in sesto il giardino roccioso, che aveva raccolto tanti consensi, dove, a parte le pietre, è rimasto ben poco di quanto era stato piantato, e quelle poche piante che rimangono sono cresciute troppo.

Oggi Torino ha la disponibilità di grandi superfici lungo le sponde dei suoi fiumi, tuttavia è affondato il tentativo di fare una grande esposizione floreale sullo stile di Flor 61, dopo averne pubblicizzato il progetto per anni.

I terreni lungo i fiumi non sono più trattati come ‘parchi cittadini’ e come i nostri avi li avevano progettati in funzione estetica, ricercando quelle specie che maggiormente impreziosivano e richiamavano visitatori. Oggi c’è il parco fluviale e si piantano solo più piante autoctone; praticamente salici e pioppi. Mi sembra di assistere a una sorta di medioevo del giardino; tutto si sta appiattendo, uniformando.

Già da qualche anno sono bandite le conifere, e penso a quanto mancheranno ai nostri figli gli splendidi Ta x o d i u m che noi possiamo ammirare nei giardini storici; penso a solita ri C e d ru s centenari che io mi incanto a guardare e che purtroppo prima o poi moriranno senza che ce ne siano dei giovani in crescita.

In funzione di creare ambienti naturali favorevoli ai vari tipi di uccelli si creano sottoboschi di C r a t a e g u s, E u o n y m u s, si piantano pioppi ibridi per favorire la nidificazione degli aironi grigi, senza pensare che il sovraffollamento di questi ultimi ha già allontanato le nitticore; ignorando che gli uccelli non sono dei botanici.

Le masse delle conifere caratterizzano l’aspetto invernale.
Araucaria imbricata e Chamaecyparis notkaensis.
Magnolie grandiflora.
Il ruscello scorre tra Juniperus e Cotoneaster.

A casa mia, vicino al Po, vengono a nidificare leanatre selvatiche (una volta nelle eriche, poi nel canneto, un’altra volta in mezzo alle brunnere) e ogni sorta di uccelli, e gli alberi che amano di più per nidificare e ‘ciacolare’ sono un fitto boschetto di C h a - m a e c y p a r i s e un grande gruppo di bambù.

È ben vero che vedo con inquietudine le ultime realizzazioni di grandi parchi in Europa, dove compare uno stile progettuale più moderno, astratto, dove si utilizzano materiali artificiali, anche colorati, con una ricerca di soluzioni che sorprendano e stupiscano il visitatore, a scapito della naturalità.

Forse sono io, legato al giardino romantico, a non capire che anche in questo campo ci debba necessariamente essere una evoluzione dello stile, ma oltre alle emozioni visive penso che ben difficilmente questi parchi possano trasmettere la serenità di quelli a n t i c h i .

Il borgo medievale da sud appare dietro alti alberi.
Parti apparentemente dirute volute dall’arch. D’Andrate.
La passeggiata lungo il fiume, ai piedi del borgo medievale.