Stevia, pianta che fa dolce la vita
UN’ERBA GIA’ UTILIZZATA IN GIAPPONE
SCOPERTA NEL 1888 DAL NATURALISTA PARAGUAIANO ANTONIO BERTONI, CONTIENE
PRINCIPI ATTIVI PREZIOSI E POTREBBE SOSTITUIRE L’ASPARTAME. ALL’ESAME DELL’U.E.
Inoltre le sue foglie contengono calcio, fosforo, ferro, magnesio, potassio, sodio e zinco, vitamina A e C. Steviosidi e re-baudiosidi non contengono calorie e non vengono metabolizzati; sono prodotti naturali che dovrebbero, secondo gli accaniti sostenitori della stevia, sostituire l’aspartame, dolcificante di sintesi chimica usato dai diabetici e in alcune diete. Inoltre alla stevia sono attribuite qualità ipotensive, antifungine e ipoglicemiche; ridurrebbe l'appetito, masticare le sue foglie migliorerebbe la digestione, sarebbe utile anche per prevenire la carie e le infezioni gengivali. Tomàs Martìnes Pères, nato in Spagna nel 1942, quando gli fu diagnosticato il diabete, fece una approfondita ricerca sulle qualità della stevia, allora sconosciuta in Spagna, e pubblicò due libri: «La hierba dulce. Historia, usos y cultivo de la stevia rebaudiana Bertoni» e «La diabetes y su control con stevia». Diffidente e cauto verso ogni pianta nuova destinata a fare sensazione, prima di parlarne ho voluto coltivarla, in modo da poter raccontare una esperienza diretta, sia dal punto di vista puramente botanico e agronomico sia per averla consumata personalmente in vari modi. Stevia rebaudiana, sinonimo Eupatorium rebaudianum, scoperta dal naturalista paraguaiano Antonio Bertoni già nel 1888 (la data non è certa), appartiene alla famiglia delle composite/asteraceae, che comprende e raggruppa un numero vastissimo di piante anche molto diverse tra di loro, se pensiamo ad esempio alla dalia, il girasole, il carciofo, la margherita, ma anche genepì, camomilla, assenzio. Spontaneamente cresce in Brasile, Paraguay, ma pare sia presente anche in Venezuela e Colombia e forse in Argentina. Non ha niente di vistoso: è una piantina erbacea che nel mio caso ha raggiunto l’altezza di un metro in breve tempo; il fiore è bianco, piccolo e insignificante.
Le foglie, inserite opposte sui fusticini, di un bel verde intenso, un po’ ruvide e un poco carnose, con il bordo vagamente seghettato, sono lunghe 8/9 centimetri e larghe 3. E’ una pianta vorace, e come tutte le piante voraci molto facile da coltivare; datele un buon terriccio drenante, meglio che il PH non salga oltre 7, una buona concimatura e molta acqua; non farà altro che crescere con vigoria. La riproduzione è alla portata di tutti: non è necessario ricorrere alla semina, le talee radicano con facilità. Le foglie si possono utilizzare in diversi modi; per esempio, masticandole fresche: la sensazione del gusto dolce è immediata e duratura, gli estimatori dicono che lascia un leggero e piacevole retrogusto di liquirizia; a me questo retrogusto sembra piuttosto marcato.
Si possono fare bevande con foglie sia fresche che secche, una sorta di tè, o semplicemente aggiungere qualche foglia al posto dello zucchero; tritate o intere possono guarnire macedonie o altri cibi che si voglia addolcire. Si possono ottenere anche soluzioni alcoliche, facendo successivamente evaporare con il calore l’alcool, concentrandole a piacere fino a raggiungere una consistenza sci-ropposa; in questo caso una goccia corrisponde più o meno a un cucchiaino di zucchero. I giapponesi, pionieri nella purificazione degli estratti della pianta, dagli Anni 70 fanno un largo consumo dei suoi derivati; non sono mai stati segnalati effetti collaterali, così pure nei paesi dell’America Latina, dove viene consumata diffusamente da 1500 anni. In Italia, come in tutti gli stati dell'UE, attualmente i derivati della stevia non sono in vendita. Nel febbraio 2000 il parlamento europeo decideva che la stevia non poteva essere immessa sul mercato comunitario come nuovo prodotto o ingrediente ali-mentare, suggerendo ancor di più nei suoi sostenitori ipotesi di interessi legati all’industria che produce zucchero e dolcificanti.
Il 10 aprile 2003 il parlamento europeo ha accettato di riesaminare entro tre anni i prodotti derivati dalla stevia.
Da pochi anni si parla della stevia in Italia, mentre era già nota agli indiani Guaranay, che in America ne faceva-no e ne fanno un largo uso come dolcificante per cibi e bevande.
La grande attenzione per que-sta pianta si deve alle sostanze contenute nelle sue foglie ric-che di principi attivi: dulcoside, eterosidi, saponosidi, rebaudio-sidi, steviosidi; il marcato sapore dolce è dovuto proprio agli ultimi due.