Il grande saggio

di Renato Ronco
Pubblicato su "Case&country" - Agosto 2007

Mi avvicino sempre con una sorta di timidezza, di rispetto, agli alberi importanti. Li considero testimoni di mille avvenimenti, silenziosi, ma carichi dei segni, delle cicatrici, di tutto quanto è successo attorno a loro nei secoli, a volte millenni. Quest’essere sopravvissuti a tante avversità, li pone ai miei occhi come dei saggi, che ci possono dispensare consigli nel loro silenzio, serenità, saggezza e forza.

Per questi motivi amo passeggiare sotto questi alberi e preferisco essere da solo, per non avere fretta e per entrare in sintonia. Nella memoria popolare, spesso erano usati come luogo di incontro, di appuntamento, si trovavano all'incrocio di strade o sentieri. Preferisco i tronchi con cortecce profondamente incise, con rami importanti, nodosi, contorti e inseriti in basso sul tronco principale, ad angolo più retto che acuto. Nei faggi, che hanno invece la corteccia liscia, mi fermo a osservarne le radici: partono dal tronco e corrono sul terreno, formando un reticolo sempre più intricato, che ingloba i sassi o li circonda se troppo grossi. A volte, la lunghezza della loro vita li ha mutilati e parte dei loro rami si stagliano nel cielo. Trovo splendide queste viste.

Nei pressi di Torino si trova uno di questi alberi, forse il più imponente d’Italia, un vero monumento. Sono rimasto incantato la prima volta che ho potuto vederlo, tanto che ho voluto ritornare per poter godere con maggior calma della sua compagnia. Sto parlando del cedro di Montalenghe (Cedrus atlantica).

È cresciuto in modo inconsueto per un cedro: normalmente hanno un unico possente tronco, in questo caso, invece, otto enormi branche partono dal livello del terreno. Un ramo del diametro di quasi 50 cm si protende curiosamente per una decina di metri a valle, per poi, dopo un improvviso gomito, risalire. Ci si può sedere e dondolarsi, poiché la sua lunghezza gli consente una flessibilità come una specie di altalena.

Anche la storia del parco, che ospita da quasi 300 anni questo albero eccezionale, è ricca di eventi.

Alberi centenari, enormi, che sono sopravvissuti a tante avversità e che infondono un senso di serenità e forza. Tra questi, il più importante d’Italia si trova nei pressi di Torino

La proprietaria lo donò, insieme alla grande villa del ’700, ai Salesiani; successivamente venne acquistato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da Monsignor Marcel Lefebvre, e per anni è stato luogo di ritiri spirituali. Recentemente è ritornato in mani private.
Ho parlato con il nuovo proprietario e mi ha rasserenato sapere che tiene in giusta considerazione il grande cedro. Mentre nel volgere del tempo accadevano questi avvenimenti, lui, silenziosamente, ha continuato a crescere.

I Cedrus atlantica sono originari delle montagne dell’Atlante, tra Algeria e Marocco. In Italia si sono trovate bene anche le specie Cedrus deodara, proveniente dall’Himalaya, e Cedrus libani, sempre più raro nelle montagne del Libano. Fino a pochi anni fa venivano molto utilizzati nei nostri giardini, ora stanno passando di moda, come tutte le conifere. Peccato.

Qualcuno si augura che il parco venga aperto al pubblico, io spero di no. Questo albero è un vecchio patriarca e come tale non bisogna importunarlo. Ora gode di ottima salute, è stato seguito e assistito con competenza e amore ed è inserito nello speciale elenco previsto dalla legge regionale 50/95, per la tutela e valorizzazione degli alberi monumentali del Piemonte.

Al Comune di Montalenghe, immerso nel verde e circondato da bellissimi boschi di castagno,
non mancherà certo, come non è mancato finora, questo spazio verde. È auspicabile, però, che i proprietari siano disposti a permetterne la vista a chi è interessato ad ammirare questo esemplare unico, ma come una rara opera d’arte.